
Una giornata di svago in piscina è l’occasione ideale per catturare brevi filmati vicino all’acqua, pronti da condividere sui social. I pericoli, però, sono sempre in agguato e può bastare un attimo di distrazione per passare dalla baldoria di un selfie di gruppo allo sconforto per aver bagnato in modo irreparabile lo smartphone. Anche una spiaggia, pur rimanendo lontani dall’acqua, può nascondere pericoli da non sottovalutare, come quello dell’ingresso di polvere o sabbia nella scocca o di fenomeni da surriscaldamento. Per catalogare e permettere il confronto tra le doti di resistenza a liquidi e corpi solidi dei dispositivi elettronici, i vari produttori si avvalgono della classificazione internazionale “IP”: sul mercato si distinguono, infatti, prodotti certificati per esempio IP54, in grado cioè di sopportare soltanto qualche istante di pioggia battente, e altri, per esempio in classe IP67, capaci di uscire indenni da un’immersione in acqua. Water resistant e waterproof, dunque, non sono la stessa cosa: dal punto di vista della capacità di sopportare il contatto con i liquidi gli smartphone, così come buona parte dei dispositivi elettronici, si differenziano in modelli “water resistant” in grado cioè di resistere all’acqua intesa come schizzi, pioggia, sudore corporeo o cadute accidentali nella neve e modelli “waterproof” cioè impermeabili anche se completamente immersi in acqua a una data profondità e per un certo periodo di tempo. È bene però sapere che uno smartphone waterproof, qualunque sia il grado di certificazione, non è fatto per essere immerso volutamente in acqua; infatti la garanzia dei produttori non copre i danni da immersione o da contatto con l’acqua nonostante lo smartphone sia dichiarato “waterproof". La certificazione, infatti, è fatta per i contatti accidentali. È bene, dunque, verificare sempre le condizioni per ogni singolo prodotto.